venerdì 18 luglio 2008

Rivoluzione individuale

Come si può fare ogni giorno per partecipare in modo responsabile alla vita sociale?
Per esempio valutando le conseguenze delle proprie parole e azioni sulla vita degli altri e sulla nostra. E' una funzione psichica superiore del cervello, che si può esercitare solo se la si è appresa, ma la si può chiamare con altri bellissimi nomi quali 'impegno civile', 'compassione', oppure 'saggezza'. Il saggio è colui che apprende dall'esperienza.
Ultimamente ho imparato che se consumo poco inquino poco. Che devo lavorare di meno perché faccio a meno di comperare oggetti che mi ingombrano la mente, la casa, e mi consumano il tempo. Cosa succederebbe se le persone prima di comprare un oggetto pensassero a quali mani lo hanno toccato, se e quali sofferenze ha causato, a quante risorse ha consumato per arrivare fino qui e così via? Il semplice gesto di comperare un bene o un servizio, che impatto avrà sulla vita degli altri?
Quanti cereali consuma la produzione di una bistecca? Quanta chimica di dolore produce un animale nel momento della macellazione? Quanta acqua e quanta terra sporca una centrale nucleare? E un abito sintetico prodotto dagli schiavi cinesi quanto dolore contiene? La spazzatura che produco, che impatto avrà sulla vita degli altri? Domande così.

Ho imparato che se non mi lascio ipnotizzare dalla televisione che vuole usare la mia energia mentale, sessuale, nervosa, emotiva per indurmi a desiderare, identificarmi, essere accettabile, e dunque a CONSUMARE, mi resta un sacco di energia per vivere.
Ho imparato che fare esperienze e guardare quelle degli altri dal buco della serratura di uno schermo non è la stessa cosa. Con un libro è un po' diverso, lì un po' partecipo, ma senza esagerare.

Ho imparato che posso avere rispetto della madre terra perché così ho rispetto anche di me che sono parte di lei. Coltivarmi l'insalata non è più una fatica, è un gesto d'amore. Sviluppa gratitudine. Se sono consapevole, non potrei mai metterci una roba chimica che poi avvelenerà gli organi di un bambino ( mio o di altri).
Posso avere rispetto dei miei simili (e dissimili) perché anche loro sono un pezzetto di me.
Compro prevalentemente beni prodotti nella mia zona che hanno viaggiato poco, cibo fresco e di stagione, detersivi biologici sfusi. Ho smesso di prendere l'aereo,divido l'auto con altri. Vado a piedi. Non vado nei locali con la musica sparata a mille, dove la gente si stordisce con l'alcol per non sentire e mi sono messa a parlare con le persone che incontro, le guardo negli occhi, quando posso sorrido persino. Cerco di dire sempre la verità.

Ho scelto di non avere figli come atto di protesta e per essere meno ricattabile.
Il mio valore più importante, diventare sempre più padrona del mio tempo. Il tempo è la cosa più preziosa che possiedo. Tutto il resto è in prestito, il corpo, la materia, la terra, bisogna averne cura, essere grati e fare in modo di restituirli in buono stato quando sarà il momento.
E adesso, la poesia di oggi:

Maternità

Non ho mai partorito figli
Quello che per le altre donne sembrava normale, naturale,
per me era maledettamente difficile
il mio corpo diceva no, no, no.
Così ho deciso di lasciarlo stare
di rispettarne il silenzio, il rifiuto, il limite.
Sarà perché la nonna di cui porto il nome è morta di parto,
sarà perché quand’ero piccola e piangevo per qualche dolore
immancabilmente qualcuno minacciava “ questo è niente in confronto a partorire”
sarà perché questo mondo in fondo non mi piace
così stupido da ripetere sempre gli stessi errori,
sarà perché la sterilità è il mio unico modo per disobbedire, da donna,
a un potere politico, una chiesa, un mercato globale che
hanno già deciso ogni passo di quella creatura
che da me dovrebbe uscire;
sarà infine perché da sempre ogni individuo di vocazione
alla ricerca spirituale o intellettuale
ha rinunciato a procreare per l’ovvio motivo
di conservare tempo ed energie.

Sicché ogni mio figlio è ritornato indietro,
e io non ho avuto abbastanza fede
o meglio coraggio
per convincerlo a restare.
Ho un profondo rispetto per le decisioni del mio corpo,
anche se a volte avrei preferito essere
una donna normale in una società partecipe,
amica delle madri e dei bimbi,
per cui i bambini non fossero carne da cannone, o numeri, o peccatori, o peggio, consumatori.
Sarebbe forse bastato a farmi cambiare idea, dico forse perché non ne sono sicura,
la vicinanza di un uomo che non avesse paura
delle responsabilità,
del suo lato tenero,
della implacabile pressione di un mondo competitivo.
Ma un uomo così sarebbe un pazzo
perché secondo me la paura è una ragionevole reazione
a come vanno le cose.
Ma poiché ero donna, con un feroce istinto,
alla fine sono diventata madre dei figli degli altri,
figli di madri accasciate, o spezzate, dolenti o incattivite, insufficienti.
Madre delle madri madre dei figli,
il mio utero non si vede ma c’è
contenitore di energia e parole
di meditazione,
dove sono la mia primogenita,
dove curo le mie ferite e mi accolgo bambina.
I figli delle donne sono figli di tutte le donne.

1 commento:

miko ha detto...

Bellissimo post che condivido quasi totalmente. le nostre azioni e i nostri consumi non hanno quasi mai rispetto della terra e dei beni che abbiamo. ci mancano l'umiltà e l'esperienza. ciao