Il counseling è una pratica olistica perché riconosce la persona come un sistema autoregolante che mira all'equilibrio (omeostasi), inserito in un ecosistema più vasto e composto a sua volta di sistemi più piccoli dotati di coscienza e capaci di sinergia (cellule, organi, apparati, meridiani).
Per il counseling olistico la persona è un corpo-mente-coscienza in trasformazione.
Si differenzia dalle scienze psicologiche soprattutto per il modello epistemologico di riferimento, il paradigma sistemico-olistico, mentre le scienze psicologiche sono frutto del modello scientifico positivista. Tale modello si basa sull’individuazione ed eliminazione di sintomi da parte di un operatore/osservatore esterno al sistema (relazione soggetto terapeuta/oggetto paziente), mentre nel modello sistemico la focalizzazione è sul sostenere un processo partecipato ‘dall’interno’ (relazione soggetto facilitatore/soggetto che vive l’esperienza).
La pratica non include pertanto interpretazione del transfert né interesse verso i sintomi (competenza dell’area semantica dei ‘terapeuti’) ma una focalizzazione della consapevolezza sull’esperienza condivisa, che viene onorata così com’è.
Per il counseling olistico la persona è un corpo-mente-coscienza in trasformazione.
Si differenzia dalle scienze psicologiche soprattutto per il modello epistemologico di riferimento, il paradigma sistemico-olistico, mentre le scienze psicologiche sono frutto del modello scientifico positivista. Tale modello si basa sull’individuazione ed eliminazione di sintomi da parte di un operatore/osservatore esterno al sistema (relazione soggetto terapeuta/oggetto paziente), mentre nel modello sistemico la focalizzazione è sul sostenere un processo partecipato ‘dall’interno’ (relazione soggetto facilitatore/soggetto che vive l’esperienza).
La pratica non include pertanto interpretazione del transfert né interesse verso i sintomi (competenza dell’area semantica dei ‘terapeuti’) ma una focalizzazione della consapevolezza sull’esperienza condivisa, che viene onorata così com’è.
Counseling significa offrire uno spazio di ascolto, di non-giudizio, in cui la persona può sintonizzarsi sulle parti sane di sé e accogliere con accettazione quelle disarmoniche, quelle vulnerabili, utilizzando tali disarmonie come un’occasione di esperienza, di trasformazione e come un’indicazione del proprio Sé profondo. Socraticamente, ritengo che il counselor sia un po’ un ‘ostetrico’ dell’anima, aiuta ciò che già c’è a manifestarsi senza aggiungere nulla, assecondando (direbbe Bert Hellinger) i movimenti dell’anima (così come una sessione corporea olistica lavora assecondando i movimenti spontanei del corpo e non va mai ‘contro il corpo’ imponendo ritmi o posture non suoi). In questo senso, la convinzione profonda di partenza deve essere che nessuno è un ‘bambino cattivo’ da ricondurre su una retta via, bensì qualcuno che è perfetto così com’è e che ha solo bisogno di un po’ di tempo per riconoscerlo a livello consapevole; qualcuno che ha una storia che può essere sempre trasformata.
Durante il tempo della relazione d'aiuto si può sviluppare una serie di abilità quali auto-osservazione, umiltà, profonda accettazione per sé e per gli altri (gran parte dei conflitti e dei disagi nascono da disfunzioni relazionali), maestrie che permettono alla persona di imparare a ‘cavalcare’ le proprie disarmonie. Si tratta di un processo profondamente rieducativo che non ha bisogno di definirsi ‘terapeutico’. Non vengono prese dunque in considerazione le classificazioni ‘oggettive’ dei sintomi (nevrosi, psicosi e sintomi organici raggruppati sotto il nome di sindromi) esclusivo campo della psichiatria medica o delle neuroscienze, bensì si considera una visione in cui un sistema può spostarsi da livelli di disarmonia e disorganizzazione energetica verso livelli armonici più elevati. Le persone vengono incoraggiate a prendere in mano la propria vita senza sperare che un padre/madre onnipotente lo faccia al loro posto dando la parola, o la pastiglia, salvifica. Questo percorso non è per tutti, ma solo per chi vi si affaccia mosso dal desiderio di comprendere se stesso.
Durante il tempo della relazione d'aiuto si può sviluppare una serie di abilità quali auto-osservazione, umiltà, profonda accettazione per sé e per gli altri (gran parte dei conflitti e dei disagi nascono da disfunzioni relazionali), maestrie che permettono alla persona di imparare a ‘cavalcare’ le proprie disarmonie. Si tratta di un processo profondamente rieducativo che non ha bisogno di definirsi ‘terapeutico’. Non vengono prese dunque in considerazione le classificazioni ‘oggettive’ dei sintomi (nevrosi, psicosi e sintomi organici raggruppati sotto il nome di sindromi) esclusivo campo della psichiatria medica o delle neuroscienze, bensì si considera una visione in cui un sistema può spostarsi da livelli di disarmonia e disorganizzazione energetica verso livelli armonici più elevati. Le persone vengono incoraggiate a prendere in mano la propria vita senza sperare che un padre/madre onnipotente lo faccia al loro posto dando la parola, o la pastiglia, salvifica. Questo percorso non è per tutti, ma solo per chi vi si affaccia mosso dal desiderio di comprendere se stesso.
"Ci sono due cose essenziali che il guaritore deve tenere a mente aiutando un paziente. La prima è incoraggiare la sua individualità e la seconda è insegnargli a guardare al futuro."
Dr. Edward Bach, “The original writings”
Nessun commento:
Posta un commento