giovedì 30 agosto 2018

Counseling olistico



Il counseling è una pratica olistica perché riconosce la persona come un sistema autoregolante che mira all'equilibrio (omeostasi), inserito  in un ecosistema più vasto e composto a sua volta  di sistemi più piccoli dotati di coscienza e capaci di sinergia (cellule, organi, apparati, meridiani).
Per il counseling olistico la persona è un corpo-mente-coscienza  in trasformazione. 
Si differenzia dalle scienze psicologiche soprattutto per il modello epistemologico di riferimento, il paradigma sistemico-olistico, mentre le scienze psicologiche sono frutto del modello scientifico positivista. Tale modello si basa sull’individuazione ed eliminazione di sintomi da parte di un operatore/osservatore esterno al sistema (relazione soggetto terapeuta/oggetto paziente), mentre nel modello sistemico la focalizzazione è sul sostenere un processo partecipato ‘dall’interno’ (relazione soggetto facilitatore/soggetto che vive l’esperienza).
La pratica non include pertanto interpretazione del transfert né interesse verso i sintomi (competenza dell’area semantica dei ‘terapeuti’) ma una focalizzazione della consapevolezza sull’esperienza condivisa, che viene onorata così com’è.
Counseling significa offrire uno spazio di ascolto, di non-giudizio, in cui la persona può sintonizzarsi sulle parti sane di sé e accogliere con accettazione quelle disarmoniche, quelle vulnerabili, utilizzando tali disarmonie come un’occasione di esperienza, di trasformazione e come un’indicazione del proprio Sé profondo. Socraticamente, ritengo che il counselor sia un po’ un ‘ostetrico’ dell’anima, aiuta ciò che già c’è a manifestarsi senza aggiungere nulla, assecondando (direbbe Bert Hellinger) i movimenti dell’anima (così come una sessione corporea olistica lavora assecondando i movimenti spontanei del corpo e non va mai ‘contro il corpo’ imponendo ritmi o posture non suoi). In questo senso, la convinzione profonda di partenza deve essere che nessuno è un ‘bambino cattivo’ da ricondurre su una retta via, bensì qualcuno che è perfetto così com’è e che ha solo bisogno di un po’ di tempo per riconoscerlo a livello consapevole; qualcuno che ha una storia che può essere sempre trasformata.
Durante il tempo della relazione d'aiuto si può sviluppare una serie di abilità quali auto-osservazione, umiltà, profonda accettazione per sé e per gli altri (gran parte dei conflitti e dei disagi nascono da disfunzioni relazionali), maestrie che permettono alla persona di imparare a ‘cavalcare’ le proprie disarmonie. Si tratta di un processo profondamente rieducativo che non ha bisogno di definirsi ‘terapeutico’. Non vengono prese dunque in considerazione le classificazioni ‘oggettive’ dei sintomi (nevrosi, psicosi e sintomi organici raggruppati sotto il nome di sindromi) esclusivo campo della psichiatria medica o delle neuroscienze, bensì si considera una visione in cui un sistema può spostarsi da livelli di disarmonia e disorganizzazione energetica verso livelli armonici più elevati. Le persone vengono incoraggiate a prendere in mano la propria vita senza sperare che un padre/madre onnipotente lo faccia al loro posto dando la parola, o la pastiglia, salvifica. Questo percorso non è per tutti, ma solo per chi vi si affaccia mosso dal desiderio di comprendere se stesso.

"Ci sono due cose essenziali che il guaritore deve tenere a mente aiutando un paziente. La prima è incoraggiare la sua individualità e la seconda è insegnargli a guardare al futuro."
Dr. Edward Bach, “The original writings”

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