mercoledì 31 ottobre 2012

Scientifico, dunque vero e giusto

Anni fa, mentre mi trovavo in Brasile, conobbi un indio che aveva fama di essere un grande guaritore e che veniva regolarmente consultato da una multinazionale dei farmaci sull'uso medicamentoso delle piante della foresta amazzonica. Lui condivideva con gioia le tradizioni della sua gente, mentre la multinazionale marchiava e registrava principi attivi e catene di DNA trasformando esperienze di anni in lucrosa 'attività scientifica'.  Anni prima, in India, avevo conosciuto un professore di filosofia che aveva unito l'esperienza della psicoterapia corporea occidentale con lo Zen e la cultura indiana e tibetana creando un rivoluzionario metodo di trasformazione della coscienza basato sulla consapevolezza e sulla meditazione: degli psicoterapeuti poi copiarono l'approccio, ci misero un marchio e lo registrarono, e da quel momento solo loro e i loro adepti poterono usarlo legalmente.
Nel secolo XIX° un medico austriaco inventò in base alle proprie geniali intuizioni un metodo di indagine della coscienza sotterranea (che egli chiamò 'inconscio') e addestrò a tale metodo con un breve tirocinio altre persone che con la propria curiosità sfidavano il positivismo imperante che li bollava come ciarlatani; poi i suoi seguaci misero regole sempre più ferree e ostacoli sempre maggiori, altri marchi registrati e altre diffide a colpi di leggi e tribunali, sicché alla fine tutto finì sotto le ali delle 'neuroscienze' che pretendevano di sapere tutto sulla mente come espressione del cervello.
I Cinesi da millenni usano gli aghi per stimolare la forza vitale delle persone promuovendo l'equilibrio psicofisico attraverso il ri-equilibrio energetico. Qualche anno fa la scienza disse, oh sì, abbiamo dimostrato che l'agopuntura funziona, che cura, e da allora, zac, solo i medici possono praticarla. Recinti, copyright, albi professionali che tutelano privilegi, interessi milionari.

Mi sembra che ogni volta che la scienza protocolla un'esperienza con la scusa di renderla oggettiva, ripetibile e sicura, in realtà ci sta semplicemente mettendo le mani sopra, con lo scopo di renderla remunerativa ed esclusiva per i pochi che se ne sono appropriati per primi, e inaccessibile a tutti gli altri se non a prezzo di lunghi tirocini che loro stessi per primi non hanno subìto. Il marchio di 'scientifico' spesso è la scusa per appropriazioni indebite da parte di alcuni di un insieme di esperienze che sono invece patrimonio di tutti. La pretesa di controllare l'accesso e l'utilizzo delle informazioni catalogate come 'verità' diventa la scusa per tacciare di eresia o di esercizio abusivo chiunque non sia allineato. La scienza, come aveva previsto Nitzsche, si è fatta religione.
A ben vedere, anche la medaglietta di fatima è un atto medico. Anche la pillolina di zucchero impregnata di vibrazioni, anche la parola (lo dice una sentenza di un tribunale), o l'ago d'acciaio, o il silenzio, la preghiera, il bisturi, la cioccolata, la musica, la pittura, tutto può essere lottizzato come 'atto medico', come attività 'scientifica' protocollata che solo alcuni possono usare. E se invece continuassimo a chiamarle esperienze? Che si possono scegliere di fare liberamente? E che sia poi il cliente a domandare a un indio, a un prete, a un monaco tibetano, un maestro indiano, un cinese, un laureato in medicina di reggio calabria o di harvard, a un Musatti laureato in filosofia, a un Freud sbeffeggiato dalla comunità scientifica, a uno Jung tacciato di misticismo, a un Galileo che redigeva oroscopi e poi di nascosto faceva calcoli  di astronomia,  in che cosa consiste quello che mi proponi per aiutarmi a stare bene? Non sarebbe meraviglioso che tutto fosse di tutti? Che si potesse scegliere di farsi curare da chi si vuole? Che si accettasse di essere gli unici veri responsabili di se stessi?

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