"Natura sanat, medicus curat".
Dopo aver sperimentato in prima persona tanti
aspetti della cura e così tante prospettive sono giunta alla conclusione che in
qualche maniera sono tutti validi, tutti contengono un elemento di efficacia e di verità coerente con la loro maniera di guardare alla realtà.
Ciascuno di noi cammina lungo la vita in accordo
con la sua natura, il suo patrimonio genetico, la sua cultura, le esperienze
personali, mentre la vita gli chiede di trovare ogni giorno l’equilibrio nel
cambiamento.
Una parte fondamentale del
processo di risanamento consiste nell’andare alla ricerca della guida giusta.
Il dolore e la confusione espongono ciascuno alla vulnerabilità e c’è il
bisogno di fidarsi, di trovare qualcuno che indichi la strada, che tenga per
mano per un po’, che allarghi la consapevolezza verso la spiegazione di quel
che accade, che ci fornisca strumenti utili a crescere nello star bene. Che
ACCOMPAGNI verso la trasformazione di cui ciascuno ha bisogno e che sta scritta
nella sua storia unica al mondo.
La cura non si identifica con la
guarigione. La guarigione è un fatto soggettivo, un’esperienza verso se stessi
unica e ineffabile, dove benessere e disagio sono le guide sicure di cui la
natura ci ha fornito per orientarci, mentre la cura è un’azione terapeutica compiuta da
qualcuno che l’individuo ha scelto e che è stato ritenuto in accordo, in
sintonia con quello che lui è.
Da questo punto di vista, la
guida giusta è quella che è vissuta come tale dall’individuo, e il processo di
uscire da sé per chiedere di essere accompagnati è già metà della cura. La cura
in sé in quanto metodo ha un’importanza secondaria, anche se ce l’ha.
Non credo che qualcuno possa
arrogarsi il diritto di affermare di essere l’unica vera guida, né che una cura
o una guida siano meglio di altre.
Poiché è la natura (attraverso
di noi) che decide dove inizia e dove finisce la nostra parabola, che cerca
instancabilmente l’equilibrio ottimale che possiamo permetterci in quel momento
della nostra storia, mi pare che la decisione sulla guida e sulla cura sia un
diritto inalienabile del soggetto.
A volte non si trova subito la
guida adatta, e allora bisognerebbe avere il coraggio di cercarne un’altra,
finché qualcosa dentro non ci dice, ok qui per me va bene. Invece di
incrementare la dipendenza regressiva, il terrore dell’autorità, l’adattamento
a modelli esterni autoritari, bisognerebbe incoraggiare le persone a informarsi, a diventare responsabili di sé,
a chiedere aiuto a chi sentono più in sintonia con il proprio mondo interno e
le proprie credenze. In tal caso, si buttano
le premesse perché una cura funzioni, e se anche non dovesse funzionare, la
persona sarà stata rispettata. E’ sempre la natura che decide se siamo pronti a
un salto verso qualcosa di più coerente. Insieme all’inconscio.
Il vizio ideologico che la nostra
cultura ha sviluppato è che qualunque cura è giustificata per esorcizzare la
paura del diverso e della morte. Essere al servizio della persona vuol dire
lasciarle decidere quanta sofferenza è in grado di portare, di trasformare, e a
chi chiedere aiuto senza giudicarla, perché possa andare nel migliore dei modi dove il suo destino la
porta.