giovedì 29 agosto 2019

La Civiltà dell'Abbraccio



La Civiltà dell’Abbraccio è un progetto educativo che si propone di sviluppare rapporti sani tra le persone basati sull’empatia. Lo strumento principale attraverso cui agisce è la Tattilità, cioè l’utilizzo e il recupero del senso innato del Tatto.
Le tappe dello sviluppo di una comunicazione sana vengono individuate:
1         -  nell’educazione a una propriocettività consapevole, che viene indirizzata alla formazione di un’identità di Sé stabile e fondata sul Corpo. L’immagine corporea fondata sul piacere e sulla percezione di chiari confini incoraggia la formazione di un sentimento di Sé realistico e solido, emotivamente maturo e capace di autocura, non più dipendente da approvazione e accudimento esterni

2          -   nel fiorire di una capacità empatica fondata sull’Accettazione dell’Altro come rispecchiamento della propria umanità (in quanto essere corporeo/emozionale) . Tale capacità empatica si sostituisce gradualmente al pericoloso processo di identificazione che annulla il senso di Sé aprendo la strada alla manipolazione, alle dipendenze o alla reazione narcisistica patologica


3          -    nello sviluppo progressivo di una capacità di accudimento responsabile e accogliente che sa individuare il bene dell’Altro senza perdere il contatto con se stessi (attivazione dell’Archetipo della Madre)
La Civiltà dell’Abbraccio si serve di strumenti educativi quali il massaggio, la meditazione, l’ascolto, l’apertura consapevole dei 5 sensi, il movimento consapevole, la danza, le fiabe.
Nell’ambito educativo La Civiltà dell’Abbraccio si occupa di progetti di formazione attraverso seminari teorico-esperienziali destinati a gruppi di adolescenti, genitori, educatori, operatori della salute e della cura.
Nell’ambito del mondo del lavoro La Civiltà dell’Abbraccio ha invece  formulato un protocollo dedicato alle aziende che prende il nome di ETaDeGrace (www.etadegrace.eu), che si propone l’obiettivo di trasformare i rapporti di lavoro in rapporti umani sani e collaborativi, favorendo la riduzione dei conflitti, delle proiezioni e dello stress. In tale prospettiva, si propone il superamento del vecchio modello formativo basato sul mero apprendimento di tecniche manipolatorie sostituendolo con un modello di formazione umana fondato sulla realtà di ciascun individuo, sull’accettazione realistica dei limiti e delle potenzialità, sulla promozione di un autentico benessere.

Per info e approfondimenti rivolgersi alla dr. Grazia Delpiano, Counselor Olistico Trainer,  tel 3480053199
www.etadegrace.eu

mercoledì 12 giugno 2019

La connessione con la Madre



‘I did my best/ It wasn’t so much/
I couldn’t feel, so I learned to touch’
Leonard Cohen, da Hallelujah

Per ‘connessione con la Madre’ noi qui intendiamo una capacità consapevole di contattare alcune qualità essenziali del Femminile; tale capacità è innata e spontanea in ogni essere vivente, ma può e deve essere coltivata da ogni essere umano, donna o uomo che sia, affinché possa esprimersi in tutto il suo potenziale di guarigione. L’energia della Madre può considerarsi un archetipo, cioè un modello universalmente riconoscibile: ogni essere vivente è predisposto geneticamente per riconoscerlo. Tuttavia entrare in connessione con esso è possibile se da bambini ne abbiamo avuto una qualche esperienza. Il corpo della madre tocca, contiene, riconosce e accoglie il bambino, il quale radica in lei il primo seme del sentimento di Sé. Più la madre è presente nel suo corpo, più il suo livello di coscienza è alto, più facilmente il bambino potrà percepire se stesso in modo chiaro e consapevole. Da queste prime esperienze sensoriali (tattili, gustative, olfattive, uditive, visive) ed energetiche nasce la nostra capacità di vivere con fiducia il nostro corpo e il mondo che lo circonda come luoghi di piacere e benessere, e sicuri per noi. Noi siamo esseri che imparano ‘rispecchiandosi’ nell’esperienza di coloro con cui entriamo in contatto. La madre ci dovrebbe fornire un’esperienza di piacere tattile, di morbidezza, di odori rassicuranti, di calore e accettazione, di suoni armonici, di pace e di calma, di ascolto, dopo che per 9 mesi già abbiamo vissuto attraverso il cordone ombelicale tutta la biochimica delle sue emozioni.
Se per qualche motivo la madre non fornisce questo tipo di esperienza, l’identità e la costruzione di un’immagine di Sé sana e solida vengono compromesse. L’individuo cresce fragile, del tutto disconnesso da se stesso, poco radicato nel suo corpo e quindi nella realtà, manipolabile e facilmente condizionabile, incapace di relazionarsi in modo chiaro e onesto. Insomma, nella confusione e nel dolore, che col tempo creano la malattia.
Se di madre biologica ne abbiamo una sola, è però possibile ricevere l’energia dell’archetipo materno da altre fonti: attraverso il padre, un adulto della famiglia o di altra provenienza (per esempio un insegnante) perfino attraverso un animale. Oppure un terapeuta.
L’esperienza della Madre può essere un percorso educativo se avviene in modo naturale, oppure rieducativo, se ricevuto da altre figure significative che portano a compimento il processo di maturazione del Sé, oppure può essere ottenuto durante un percorso terapeutico, da adulti, quando il dolore di una crisi, di una depressione o di disagio psicofisico ci spinge ad andare alla ricerca di ciò che ci manca. Quello che ci manca è SEMPRE, all’inizio, la ricostruzione di una radice che ci colleghi alla vita in modo sano e gioioso: che ne siamo coscienti oppure no, stiamo cercando di guarire il nostro rapporto con la MADRE. L’opera di un genitore, di un insegnante, di un terapeuta è sempre e comunque accompagnare l’individuo a riconoscere e ad attivare in sé l’archetipo della Madre. Solo se siamo connessi con la Madre interiore siamo capaci di scegliere il meglio per noi, di accompagnare gli altri, di prenderci cura del nostro mondo in modo intuitivo.
Man mano che maturiamo, tagliamo il cordone simbiotico che ci lega alla madre e alla famiglia, perdoniamo la nostra madre biologica per i danni che ci ha eventualmente causato, e impariamo a connetterci con la Madre interiore, cioè con la capacità di prenderci cura di noi stessi in modo amorevole, riconoscendoci con gratitudine come figli della Natura Madre che ci alimenta e sostiene. Quando siamo in contatto con l’archetipo della Madre siamo nella gratitudine e nella generosità in modo giusto, e riconosciamo ogni creatura come nostra pari (sviluppo dell’empatia). Infatti, una volta che abbiamo imparato ad accogliere e nutrire noi stessi, possiamo prenderci cura in modo amorevole del nostro prossimo. L’energia della madre è utile con i bambini e i cuccioli di ogni specie, e anche in tutte le situazioni in cui qualcuno davanti a noi è in una situazione di dolore o preoccupazione (quindi in contatto col il ‘bambino emozionale’), un ammalato, un anziano, un morente, una persona cioè che sta vivendo un disagio fisico o psichico. Qualche volta, in qualche momento della vita, noi siamo sia la Madre sia il Bambino bisognoso.
Ciò che sviluppa l’archetipo in noi è la qualità del Cuore, la capacità di rendersi vuoti per permettere a ciò che accade di essere accolto così com’è, senza alcun giudizio o pretesa di cambiamento, ossia quello che noi definiamo Accettazione.

venerdì 29 marzo 2019

La cultura della Tattilità


Alla base dello sviluppo neurologico, emotivo e relazionale di ogni essere umano c'è il contatto fisico, come dimostrano numerosissimi esperimenti. Grazie al contatto tonico ed epidermico con la madre, col padre, e con coloro che lo accudiscono, ai sentimenti di piacere/fiducia il cucciolo ultima il processo della gestazione (che non può dirsi affatto concluso coi nove mesi della vita intra-utero), sviluppa e matura le basi della sua identità, del suo senso di Sé. 
Un essere umano equilibrato è ben radicato nella consapevolezza del proprio corpo, è in con-tatto con la propria fisiologia, le proprie correnti emotive, e consolida gradualmente la fiducia nel proprio sentire, il che gli consentirà di orientarsi nel mondo con sicurezza: in tal modo egli sviluppa un'identità chiara, presente a se stessa e alla realtà. Chi è in con-tatto con la realtà, tra l'altro, sviluppa la capacità preziosissima di saper valutare la conseguenza delle proprie azioni.
Il Sé corpo entra poi in relazione con gli altri corpi viventi ( umani, animali, naturali) in modo realistico ed empatico ( l'empatia si potrebbe definire semplicemente come la capacità intuitiva di mettersi 'nella pelle' o nei 'panni' altrui).
Quando il senso di identità personale non è fondato sul piacere corporeo, allora si fonda sulla mente, cioè su idee e ideologie, su opinioni.
L'educazione solamente razionale e informativa, che pure è il fondamento della nostra cultura scientifica e tecnica, sviluppa un sentimento del corpo come semplice oggetto, e costruisce un sentimento del Sé fondato su verità precostituite e non sull'esperienza. Manipolare l'identità delle persone a questo punto diventa facilissimo, perché tutto lo sforzo della crescita finirà nell'adeguarsi a un modello mentale, censurando tutto ciò che viene dal sentire interiore quando questo sentire non è 'adatto' al modello.  Le persone diventano scisse e infelici, disorientate e prive di un radicamento nella realtà, e allora diventa facile indurle a identificarsi con qualsiasi modello e a sacrificarsi per aderire ad esso, diventa facile deviare i loro bisogni verso gratificazioni fasulle, e renderle cieche circa la realtà. 
Con queste premesse si può comprendere quali disastrosi effetti può avere sull'umanità un'educazione o uno stile di vita che allontanano dal corpo vissuto e spostano il focus sul mondo virtuale.
Stiamo allevando generazioni di persone assuefatte a degli stimoli mentali e neurologici eccessivi ( le immagini del computer e della televisione, coi colori artificiali e sovraccarichi) e completamente noncuranti del sentire corporeo

martedì 15 gennaio 2019

Educazione emotiva



Nella nostra cultura, durante il processo educativo dei bambini e degli adolescenti noi insistiamo quasi esclusivamente su un tipo di educazione formale, razionale, informativa. Insegniamo nozioni che diventano via via sempre più complesse, tutte basate sul linguaggio, o tutt’al più (ma sempre più raramente) sull’abilità manuale. Esse stimolano prevalentemente l’emisfero sinistro, l’astrazione, la razionalità, il giudizio. In una parola, informano.
Ciò che fa di noi un individuo pienamente adulto però non può essere solo la quantità di informazioni che abbiamo accumulato. Anche la vita emotiva andrebbe esplorata, sviluppata, educata. Altrimenti diventiamo adulti informati ma internamente rimaniamo fragili, esposti alle tempeste emotive, reattivi nelle relazioni come bambini. Esposti alla manipolazione, al ricatto emotivo, incapaci di vere relazioni, specialmente quando si tratta di passare dal piano mentale a quello del ‘sentire’, dallo scambio di informazioni a quello dei vissuti, dai rapporti formali a quelli intimi.
Un’educazione emotiva dovrebbe insegnare a:
Distinguere e apprezzare l’intera gamma delle emozioni (da quelle che causano maggiori sofferenze individuali e sociali, come rabbia e paura, a quelle che sono più espansive e costruttive, come la gioia)
Sviluppare la capacità di accettarle, gestirle, esprimerle, prenderne le distanze, trasformarle, soprattutto comprenderne la natura transitoria
Costruire un ponte tra corpo / emozione/ immagine di Sé, in modo che ognuno possa costruirsi un vissuto di se stesso realistico, chiaro nei suoi confini, consapevole. Su tale vissuto si basa l’autostima.
Imparare a decodificare, all’interno delle relazioni col prossimo, i meccanismi delle proiezioni, delle manipolazioni e delle identificazioni (che causano rapporti malsani), e sviluppare al loro posto attitudini empatiche profonde. La capacità di ascoltare e ascoltarsi, la capacità di mettersi ‘nei panni’ altrui, di sintonizzarsi sull’interlocutore senza perdere il contatto con se stessi, diventerebbero la base per rapporti sani, pacifici ed equilibrati sia con i propri simili che con l’ecosistema.
Oltre a produrre rapporti umani disastrosi e conflittuali, la mancata educazione emotiva/empatica produce persone anaffettive e insensibili, violente, egoiste e infantili, incapaci di valutare le conseguenze delle proprie azioni sugli altri e sull’ambiente.
Le sfere del lavoro, della politica, dell’economia, dei media, ma anche della quotidianità, sono spesso controllate da individui privi di un’adeguata educazione emotiva, che causano danno e dolore a se stessi, ai figli, al loro prossimo e all’ambiente il cui benessere dipende dalle loro scelte.

giovedì 30 agosto 2018

Counseling olistico



Il counseling è una pratica olistica perché riconosce la persona come un sistema autoregolante che mira all'equilibrio (omeostasi), inserito  in un ecosistema più vasto e composto a sua volta  di sistemi più piccoli dotati di coscienza e capaci di sinergia (cellule, organi, apparati, meridiani).
Per il counseling olistico la persona è un corpo-mente-coscienza  in trasformazione. 
Si differenzia dalle scienze psicologiche soprattutto per il modello epistemologico di riferimento, il paradigma sistemico-olistico, mentre le scienze psicologiche sono frutto del modello scientifico positivista. Tale modello si basa sull’individuazione ed eliminazione di sintomi da parte di un operatore/osservatore esterno al sistema (relazione soggetto terapeuta/oggetto paziente), mentre nel modello sistemico la focalizzazione è sul sostenere un processo partecipato ‘dall’interno’ (relazione soggetto facilitatore/soggetto che vive l’esperienza).
La pratica non include pertanto interpretazione del transfert né interesse verso i sintomi (competenza dell’area semantica dei ‘terapeuti’) ma una focalizzazione della consapevolezza sull’esperienza condivisa, che viene onorata così com’è.
Counseling significa offrire uno spazio di ascolto, di non-giudizio, in cui la persona può sintonizzarsi sulle parti sane di sé e accogliere con accettazione quelle disarmoniche, quelle vulnerabili, utilizzando tali disarmonie come un’occasione di esperienza, di trasformazione e come un’indicazione del proprio Sé profondo. Socraticamente, ritengo che il counselor sia un po’ un ‘ostetrico’ dell’anima, aiuta ciò che già c’è a manifestarsi senza aggiungere nulla, assecondando (direbbe Bert Hellinger) i movimenti dell’anima (così come una sessione corporea olistica lavora assecondando i movimenti spontanei del corpo e non va mai ‘contro il corpo’ imponendo ritmi o posture non suoi). In questo senso, la convinzione profonda di partenza deve essere che nessuno è un ‘bambino cattivo’ da ricondurre su una retta via, bensì qualcuno che è perfetto così com’è e che ha solo bisogno di un po’ di tempo per riconoscerlo a livello consapevole; qualcuno che ha una storia che può essere sempre trasformata.
Durante il tempo della relazione d'aiuto si può sviluppare una serie di abilità quali auto-osservazione, umiltà, profonda accettazione per sé e per gli altri (gran parte dei conflitti e dei disagi nascono da disfunzioni relazionali), maestrie che permettono alla persona di imparare a ‘cavalcare’ le proprie disarmonie. Si tratta di un processo profondamente rieducativo che non ha bisogno di definirsi ‘terapeutico’. Non vengono prese dunque in considerazione le classificazioni ‘oggettive’ dei sintomi (nevrosi, psicosi e sintomi organici raggruppati sotto il nome di sindromi) esclusivo campo della psichiatria medica o delle neuroscienze, bensì si considera una visione in cui un sistema può spostarsi da livelli di disarmonia e disorganizzazione energetica verso livelli armonici più elevati. Le persone vengono incoraggiate a prendere in mano la propria vita senza sperare che un padre/madre onnipotente lo faccia al loro posto dando la parola, o la pastiglia, salvifica. Questo percorso non è per tutti, ma solo per chi vi si affaccia mosso dal desiderio di comprendere se stesso.

"Ci sono due cose essenziali che il guaritore deve tenere a mente aiutando un paziente. La prima è incoraggiare la sua individualità e la seconda è insegnargli a guardare al futuro."
Dr. Edward Bach, “The original writings”

domenica 24 luglio 2016

Persone

Oggi, domenica d'estate, ho preso l'auto e sono andata a mangiare una fetta d'anguria fresca dal cocomeraio  che ha aperto un chioschetto simpatico nella piazza del mercato. Una città media del nord Italia, svuotata dalle ferie e dalla calura. Al chiosco di Gino mi sono seduta sola a un tavolino all'ombra, ho ordinato una fetta fresca e nell'attesa leggevo un libro. Nessuno si è sentito offeso perché avevo la testa scoperta, le maniche corte e la maglietta un po' scollata. Nessuno si è sentito offeso perché leggevo, perché pagavo coi soldi guadagnati col mio lavoro, perché ero in giro da sola.  All'improvviso ho realizzato che oramai sono pochi i posti nel mondo dove una donna può permettersi di fare quello che io stavo facendo. Un gesto così piccolo.
Che però ha implicato l'andare a scuola, prendere la patente, avere un lavoro, e avere speso un bel po' di denari in psicoterapie per togliermi di dosso i condizionamenti sociali, religiosi, culturali. Ma soprattutto ha implicato la libertà. La libertà che molte mie simili in giro per il mondo non si sognano nemmeno. La libertà che mi viene dai partigiani, dai filosofi, dai maestri, dagli scrittori, dagli psicoanalisti, dalle femministe, dai disobbedienti di ogni epoca, famosi e sconosciuti che sono venuti prima di me. A questo pensavo, seduta in mezzo ai gerani rossi.
La mia fetta di cocomero, rossa e succulenta, mi è sembrata ancora più dolce e preziosa. L'ho centellinata con le lacrime agli occhi, in parte grata per la mia fortuna, in parte triste,  col pensiero rivolto alle donne turche che da oggi hanno perso un altro pezzo di diritti.
Ero felice di non avere padroni. Di non sentirmi minacciata . Di non essere stata mutilata, picchiata, violentata, tenuta nell'ignoranza e nella paura, costretta a sposarmi o a diventare madre. Libera di sentirmi una persona, prima ancora che una donna.

sabato 7 febbraio 2015

Kirone e i 50 anni

Quando ciascuno di noi arriva al suo 50° anno di età, il corpo celeste Kirone ritorna sulla posizione che aveva al momento della nostra nascita, creando un transito di congiunzione a se stesso.
Nella mitologia greca,  Kirone era il Centauro maestro, e il suo mito rappresenta bene la simbologia con cui il transito ci fa confrontare :
1 - in quanto centauro (mezzo uomo e mezzo cavallo), incarna il dominio della razionalità (consapevolezza) sull'istinto (inconsapevolezza) che a quest'età un individuo dovrebbe aver raggiunto
2 - in quanto insegnante, rappresenta un momento della vita in cui, dopo aver tanto sperimentato, dovremmo distillare la nostra esperienza in saggezza che diventa insegnamento ed esempio verso le generazioni più giovani
3 - in quanto guaritore ferito, ci suggerisce che possiamo guarire noi stessi e, volendo, anche gli altri solo attraverso l'accettazione profonda delle nostre ferite (e relative cicatrici). Il guaritore dovrebbe essere colui che guida, che accompagna ciascuno a se stesso senza interferire ma sostenendo con la silenziosa presenza e con la sua esperienza
4 - in quanto immortale che rinuncia volontariamente alla propria immortalità, ci fa toccare con mano la certezza che il nostro corpo invecchia, che un giorno morirà, che quotidianamente si confronta e sopporta le ferite che la vita gli ha inferto (le quali non sempre guariscono seppure con le migliori intenzioni). Kirone quindi ci mette davanti I LIMITI della nostra umanità. Se li accettiamo, possiamo entrare nell'età della saggezza e prepararci a diventare anziani, (nel senso di guide sagge e consapevoli, piene di gratitudine per ciò che abbiamo ricevuto e quindi generose), proprio perché abbiamo rinunciato all'onnipotenza giovanile e all'illusione che tutto durerà per sempre. L'arrivo di Kirone coincide con il ritiro simbolico dal mondo, o meglio con il cambio di ruolo: si rimane nel mondo pur con la consapevolezza di non essere del mondo.

Per ognuno di noi è diverso questo incontro, dipende dalle posizioni natali e dalla maggiore o minore impronta che Kirone ha dato alla nostra vita, ma il confronto con il suo archetipo accade per tutti.