lunedì 26 novembre 2012

La logica del DNA

Ho osservato a lungo i meccanismi per cui ciascuno tende a difendere e conservare se stesso, e ho notato che tali meccanismi legati alla sopravvivenza vengono applicati oltre che alla propria persona, anche a coloro che hanno un materiale genetico simile, con una intensità che mi pare direttamente proporzionale alla vicinanza genetica. In primo luogo i figli e i fratelli, coi quali condividiamo il 50% del patrimonio genetico; all'interno di questo imperativo conservativo pare esservi una sotto-legge, che impone di privilegiare chi è più giovane ( dal punto di vista della natura, più una persona è giovane, più il DNA delle sue cellule dovrebbe essere puro, pulito e conforme all'originale, quindi utile per la specie). Quindi, i figli vengono prima dei fratelli, e questi vengono prima dei genitori o dei nonni. In un ipotetico gioco di buttare giù dalla torre per esclusione, ciascuno di noi troverebbe logico seguire la logica della contiguità del patrimonio genetico e salverebbe se stesso e i propri figli, e messo alle strette, solo i figli. 
Questo comportamento biologicamente significativo a mio parere spiega perché sono tanto radicati i costumi sociali di favorire nella lotta per la sopravvivenza (leggi posti di lavoro, ricchezze, sicurezze sociali, privilegi) innanzitutto i propri famigliari. E' un'inconscia ma potente spinta a preservare il proprio DNA. Più la sopravvivenza è minacciata, più sono forti i legami famigliari e i tabù e le prescrizioni a loro connessi. 
Man mano che una società si evolve dal punto di vista culturale e spirituale, più si tende a distanziarsi dalla logica del DNA e si creano logiche più artificiali, ma che nascostamente seguono sempre la stessa impronta. Chi è simile a me per nazionalità, censo, tipologia di studi, tipo di lavoro svolto, simpatie politiche etc io lo vivo come mio 'contiguo' e tenderò a difenderlo. Basta creare una 'famiglia' con un terreno comune legato alla sopravvivenza (o alla percezione, vera o falsa, di una minaccia a essa), e subito un appartenente tende a mettere in atto i meccanismi della sopravvivenza, della difesa, dell'identificazione. La famiglia mafiosa, la 'grande famiglia' della ditta o del partito o della squadra, e così via. Al posto del DNA genetico c'è un dna culturale, una bandiera, un tratto comune che viene vissuto come essenziale alla sopravvivenza dell'identità, e che deve essere protetto da chiunque o qualunque cosa costituisca una minaccia alla sua integrità.
Come in ogni legge naturale esistono le eccezioni e le aberrazioni dovute a una alterazione dell'informazione a un qualche livello ( per ex coloro che uccidono un parente per gelosia o per raptus etc), ma non a caso da sempre i delitti contro 'il proprio sangue' sono considerati contro natura, mentre quelli verso un non parente, fosse ben un coniuge o uno straniero, vengono percepiti come meno gravi.
Il DNA non è solo una sequenza di proteine: è anche una forma di coscienza che possiede memoria e volontà (come hanno ormai dimostrato numerosi esperimenti ed esperienze come la psicologia transpersonale o le costellazioni famigliari, o la sociobiologia). 
Questa coscienza tende a creare delle proiezioni transpersonali intorno a sé, che vanno portate alla consapevolezza per non essere vissute in modo cieco e passivo, o per non essere trascurate (come fa per esempio la tecnologia che  manipola il materiale genetico non tenendo conto di eventuali conseguenze). 

Scegliere di non favorire un figlio o un parente in un concorso, o di non privilegiare un iscritto a una corporazione, o di non discriminare una persona con la pelle o la religione o il passaporto diversi dai miei, sono tutti comportamenti fortemente culturali, che richiedono uno sforzo di disidentificazione e una maturazione psicologica notevole. Contengono un elemento fortemente innaturale, dove la cultura dell'uguaglianza deve sostituire la logica del DNA. Ma perché questo genere di comportamenti diventino socialmente rilevanti bisogna ASSOLUTAMENTE far diminuire il pericolo della non sopravvivenza e del timore biologico ad esso associato. Se io e i miei figli abbiamo da mangiare, un tetto e degli abiti, scuole e sanità, istruzione, allora sarò felice di condividere, ma se tutto ciò mi manca allora percepirò chiunque altro come una minaccia, cercherò di favorire il mio DNA e farò anche la guerra, se necessario, a chi ha un DNA genetico, e poi, allargando la sfera concentrica, culturale, religioso, sociale, planetario, diverso dal mio. Una forma di educazione a quella innaturale nonché meravigliosamente evolutiva legge dell'uguaglianza (non solo tra gli esseri umani, ma con tutti gli esseri senzienti) può fondarsi solo su una percezione dell'abbondanza.

1 commento:

pepasaera ha detto...

Bello rileggerti :-)
stavo giusto pensando a quella particolare situazione che stiamo vivendo, quest'anno il genere umano sembra essere più confuso del solito.. le tempeste magnetiche? sentiamo le campane annunciate dai maya? che ne sarà del nostro DNA plastificato?